Esiste, ancora e purtroppo, una cultura dello sviluppo che ritiene l’ambiente una riserva infinita, secondo la quale si può continuare a disseminare il territorio di attività produttive, senza che ci si ponga alcun problema in ordine alla compatibilità e ai limiti dell’ambiente stesso. A livello planetario, questo si traduce nei guasti che la Conferenza di Kyoto ha denunciato nel ’97 lanciando un allarme che è stato confermato dal recente convegno dell’Onu a Nairobi. E, mentre gli studiosi dibattono su quanti anni manchino al raggiungimento del ‘punto di non ritorno’, quando la convivenza tra l’uomo ed il suo pianeta diventerà irreversibilmente impossibile, corriamo il rischio fatale che ogni nazione industrializzata e quelle che si affacciano allo sviluppo industriale, continuino a perseguire politiche che guardano all’interesse immediato e che, in nome di questo, non si facciano carico della sopravvivenza del nostro pianeta. Tutto ciò, ben sapendo ed essendo dimostrato che i danni che stiamo producendo oggi ci costeranno domani molto di più di quanto non ci costerebbe porvi preventivo rimedio.
Tra i cittadini, in particolare quelli delle aree più sviluppate quali sono le nostre, la coscienza ambientale è in questi anni fortemente aumentata. Basta sedersi a tavola, con tutti i dubbi sulla qualità dei nostri cibi, per essere consapevoli che certi ritmi produttivi, legati ad esigenze non sempre dettate dalla necessità, non sono più sostenibili senza pagare un prezzo in termini di salute.
Dalle pagine di questo volume esce un’immagine cruda e realistica del nostro territorio provinciale. Ad esempio, in provincia di Venezia, abbiamo circa 130 aree industriali o artigianali con dimensioni superiori a 50.000 mq (almeno tre per ogni comune!). Di queste solo il 65% è occupato e usato. I terreni sono tutti destinati all’urbanizzazione o ad attività agricole che, per metodologie produttive e sfruttamento intensivo, hanno radicalmente modificato l’ambiente. Un siffatto modello produttivistico, sul piano dei trasporti, ha generato una straordinaria intensità di mobilità di persone e cose. Per dare risposta a questa esigenza, sono stati necessari interventi che hanno inciso profondamente sull’assetto idrogeologico e sull’aspetto naturale e paesaggistico.
Non so se lo stesso Hermann Hesse sarebbe oggi in grado di riscrivere le sue splendide pagine nelle quali la bellezza della natura era strumento di innalzamento dello spirito umano verso valori e realtà trascendenti. L’ambiente, ricordiamolo, ha potenzialità e risorse limitate, va usato con razionalità, parsimonia e rispetto, perché è un bene essenziale alla vita e alla qualità dello sviluppo. Preservarlo è impegno necessario per un progresso vero: la necessità che abbiamo oggi di porre rimedio, con notevole impiego di risorse economiche, ai danni creati ci serva da monito per non commettere nuovi errori. Il primo Rapporto sullo Stato dell’Ambiente della Provincia di Venezia deve diventare per noi una guida soprattutto per i suoi aspetti interdisciplinari di valutazione.