Mentre negli uffici della Regione Veneto prendeva forma il Piano d’Area delle Lagune e dell’Area Litorale del Veneto Orientale (PALALVO), l’Assessorato alle Politiche Ambientali della Provincia di Venezia avviava un accurato censimento per conoscere il numero e le condizioni dei casoni di laguna e di campagna ancora esistenti nel proprio territorio. Fin dalla raccolta e sistemazione dei primi dati, risultò evidente che l’iniziativa era stata quanto mai opportuna, non solo perché documentava l’esistenza e il recupero dei casoni di campagna disseminati nell’entroterra, largamente ignorati nella letteratura del nostro paesaggio agrario, ma soprattutto perché si poteva finalmente conoscere quantità e qualità del patrimonio dei casoni di valle concentrati intorno a Caorle e Bibione e lungo il reticolo idraulico che si connette alle loro lagune.
I materiali finali del censimento hanno fatto emergere un mondo straordinario, intuìto e descritto anche da celebri frequentatori, ma finora mai indagato attraverso un rilievo sistematico finalizzato a comprenderne la complessità: mentre per i casoni di campagna siamo in presenza di un patrimonio molto limitato, che tuttavia conferma l’importanza di questi manufatti nell’economia del Veneto rurale sino all’inizio del secolo scorso, i casoni da pesca ancora esistenti fra Piave e Tagliamento sono più di un centinaio (in parte ancora usati per la pesca di valle e di fiume) e mantengono, in molti casi, i caratteri originali che ne fanno un caso unico nel panorama antropologico italiano. Non è esagerato considerarli un patrimonio di natura e di cultura introvabile in altre parti del Paese e in Europa, neanche laddove esistono condizioni geografiche simili alle lagune del Veneto Orientale.
Il censimento ci aveva consegnato del materiale prezioso – numeri, stato dei manufatti, tecniche costruttive, localizzazione e usi –, ma soprattutto il senso di un intreccio strettissimo fra pratiche, mestieri, storia di quei luoghi e l’ambiente, le lagune, i canali, i dossi palustri, le acque e le terre incerte di tutto il litorale. Affioravano i lineamenti di una civiltà fondata sulla pesca di laguna che era stata capace di instaurare un equilibrio simbiotico e secolare con tutti gli elementi naturali del contesto in cui era nata e si era sviluppata la tecnica costruttiva e d’uso del casòn da pesca. Un manufatto che riassume esemplarmente, in ogni materiale e in ogni gesto con cui è costruito, la cultura delle prime popolazioni del litorale. Una cultura legata a un’idea e a un’esperienza di stabilità assai più complessa e lungimirante di quella contemporanea.
Questo sistema di convivenza uomo-natura nelle lagune fra Livenza e Tagliamento ha superato, per molti secoli, le numeros trasformazioni del territorio circostante, persino quella radicale delle grandi bonifiche della prima metà del ’900. Esso si fondava sull’economia della pesca interna, una delle risorse originali delle città della costa e dei numerosi borghi collegati alle valli, e anche su quella, non meno importante, dello scambio fra questi prodotti e quelli dell’entroterra agricolo.
Ora, le sue funzioni primarie sono state superate dalla modernizzazione della pesca che si è spostata verso il mare aperto, e da altre economie a forte impatto locale, come quella turistica. Questi cambiamenti profondi hanno tuttavia evidenziato il valore assolutamente unico dell’area lagunare tra Caorle e Bibione, della presenza delle decine di casoni ancora esistenti, dell’equilibrio perfetto fra attività umane, produttive, ritmi, ambienti e valori naturali che sta alla base di quella civiltà anfibia portatrice di un’insostituibile memoria.
La nuova cultura della sostenibilità ha oramai chiaramente identificato nel rapporto squilibrato fra integrità dell’ambiente e attività dell’uomo la causa di molte nostre malattie e nevrosi, il peso angoscioso dellaperdita d’identità. Più riduciamo, per effetto di uno sviluppo aggressivo e disordinato, il capitale naturale che abbiamo a disposizione, più ci rendiamo conto che bisogna fermarsi, accettare dei limiti e conservare in maniera attivaquanto è rimasto. Tanto più se quanto rimane, come nel caso del sistema casoni-laguna, è un perfetto esempio di equilibrio fra esigenze dell’uomo e ritmi della natura e la conferma di una sapienza consolidata di tecniche che certificano una conoscenza accurata e profonda dell’ambiente e delle sue possibilità d’uso, anche in condizioni tutt’altro che favorevoli.
Mentre il censimento si avviava alla conclusione, in Regione veniva portato all’esame del Consiglio uno strumento urbanistico, il PALALVO (Piano d’Area delle Lagune e dell’Area Litorale del Veneto Orientale), a nostro avviso impropriamente applicato, che rischia di distruggere le lagune, i casoni e la cultura che li ha messi in relazione. Ma, nei Comuni oggetto di queste “nuove” attenzioni pianificatorie e anche in Provincia, tra i conoscitori di questi straordinari ambienti, si pensa e si progetta, invece, un futuro delle lagune di Caorle e Bibione fondato sulla ripresa e sull’evoluzione dell’originario, collaudato, modello di equilibrio fra uomo e natura. È una volontà assolutamente diversa e distante dalle colate di cemento per alberghi e porticcioli proposte dal PALALVO, che finirebbero per distruggere non solo il delicato equilibro delle lagune del Veneto Orientale, non solo lo straordinario patrimonio antropologico e storico che vi si è insediato, ma persino la buona qualità che il turismo offre proprio in questa parte della costa e che i dati confermano essere molto apprezzato in ragione del contesto ambientale di pregio che ha saputo, almeno parzialmente, mantenere.
La Regione Veneto è vasta e ambientalmente articolata. Conoscerne a fondo ecosistemi, valori e identità non è semplice; tuttavia, questo limite non giustifica scelte superficiali che possono trasformare per effetto di ulteriori devastanti omologazioni territoriali, luoghi densi di storia, diversità biologica e bellezza, nei non-luoghi urbani, produttivi, turistici o commerciali in cui il Veneto sta soffocando. Per questo non ci è parso sufficiente riportare i dati del censimento, già significativi di per sé stessi. Abbiamo cercato di offrire, attraverso il contributo di specialisti e studiosi, proprio in questa fase essenziale per le politiche dell’ambiente nel Veneto Orientale, anche altri elementi che aiutino una comprensione più approfondita della memoria e della tradizione, insieme a una serie di informazioni sulla pesca di valle, per quanto ancora viene praticata e per quale futuro potrà avere. Infine, abbiamo suggerito le strade possibili per rendere concreta la tutela attiva delle lagune di Caorle e Bibione, senza separarle dalle possibilità che il contesto può offrire, all’interno di un quadro di attività sostenibili, come testimonia ormai l’affermazione di economie di area improntate non al consumo dell’ambiente, ma alla sua piena valorizzazione.
Non intendiamo dettare soluzioni preconfezionate, ma proporre ipotesi di lavoro, contribuire concretamente ad un confronto non condizionato da modelli di sviluppo estranei alla storia e ai caratteri di un paesaggio che sono parte integrante della nostra identità e un bene comune a cui non è ragionevole il mondo debba rinunciare. Il libro esce prima dell’inizio della discussione istituzionale che deciderà il futuro dei luoghi tanto cari ad Ernest Hemingway: forse, di là dal fiume e tra gli alberi, chi ha la responsabilità di queste scelte capirà che il senso del nostro lavoro, largamente condiviso nel territorio, vuole andare ben oltre la nobile, ma purtroppo inutile, testimonianza di valori perduti.
Casoni, dalle lagune di Caorle e Bibione a Cavarzere - Patrimonio e modello di natura e cultura2004
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