La Laguna di Venezia, ambiente, naturalità, uomo - 2007

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Testi di Michele Zanetti, Corinna Marcolin, Lorenzo Bonometto, Valentina Niccolucci.
La Laguna di Venezia, come tutte le lagune del mondo, è un ambiente di transizione che poteva evolvere verso l’interramento o diventare mare. In questa laguna speciale, però, nel corso dei secoli, dispiegando formidabili risorse intellettuali, lavorative ed economiche, sono stati contrastati con successo gli imponenti fenomeni naturali che ne minavano l’esistenza, quali l’incessante apporto di sedimenti dei fiumi alpini che vi sfociavano – deviati oltre i confini lagunari – e la devastante azione del mare sulle isole del litorale, protette con grandiose opere idrauliche.
Un impegno che ha reso possibile l’ascesa di una grande esperienza culturale, in grado di incidere per secoli nella civiltà del Mediterraneo. Tuttavia, mentre in passato l’equilibrio raggiunto tra le esigenze dell’uomo e l’opera della natura dimostrava una sapiente e diffusa consapevolezza dell’indissolubile legame tra laguna e città, oggi, nonostante i più sofisticati strumenti di indagine scientifica a disposizione ci dicano che l’equilibrio si è rotto, la secolare cultura di manutenzione dell’ambiente sta perdendo la sua capacità di incidere nelle fondamentali scelte di governo per l’assetto del territorio.
Negli ultimi decenni, per effetto della moltiplicazione degli interessi economici attorno e dentro la Laguna di Venezia, abbiamo assistito ad alterazioni profonde e irreversibili del patrimonio naturale lagunare. Sono sfregi visibili, studiati e divulgati, che generano sdegno senza provocare una risposta adeguata da parte delle troppe autorità competenti che nel tempo hanno visto frammentarsi i loro poteri di intervento. Si sta così disperdendo una lungimirante visione di tutela generale di un bene collettivo e con essa il valore di un capitale ambientale ingente, tramandato per generazioni e oggi in buona parte depauperato.
Questo è un libro diverso dai tanti altri dedicati alla gloria della città o alla descrizione degli ecosistemi salmastri e costieri: le sue pagine, pur restituendoci tutta la suggestione dei colori e delle stagioni degli orizzonti lagunari o il fascino delle forme di vita vegetali e faunistiche che li popolano, ci guideranno in una lettura attenta e critica delle trasformazioni ambientali di millecinquecento anni di storia.
Dopo averlo letto potremo ancora emozionarci per la bellezza e l’armonia di paesaggi unici al mondo, ne sapremo un po’ di più sul delicato equilibrio idraulico che regola i movimenti delle acque dolci e di quelle salate, ma soprattutto saremo in grado di assegnare una gerarchia a problematiche come quella degli effetti dell’azione del Canale dei Petroli, che con la sua profondità del tutto incompatibile con l’idrodinamica lagunare, ha demolito barene e fondali di tanta parte della laguna centrale. È un libro che ritorna ai tempi delle bonifiche dei bordi lagunari e descrive l’evoluzione delle valli da pesca, le opportunità economiche da esse generate, ma anche il loro effetto nella sottrazione di aree preziose per la libera espansione delle maree; un libro che non nasconde gli effetti inquinanti di una bonifica atipica, unica in Italia, che ha visto le velme e le barene dei Bottenighi trasformarsi in Porto Marghera, il principale sito contaminato di interesse nazionale, che con le sue discariche di rifiuti pericolosi continua, a distanza di decenni dallo scempio, a inquinare acque, fondali lagunari e falde sotterranee: il sogno industriale novecentesco trasformato nell’incubo ambientale del Duemila.
In una fase storica che vede consumati quasi tutti i suoli fertili dell’entroterra veneziano e l’espansione economica puntare verso l’acqua, l’analisi degli effetti del moto ondoso sugli elementi emersi della morfologia lagunare dovuti al proliferare dei natanti – contenuta in queste pagine – potrà far riflettere coloro che stanno pianificando altre darsene dentro la laguna e lungo i suoi bordi. Anche la pesca delle vongole viene analizzata in tutta la sua realtà, valutando non tanto i vantaggi produttivi, quanto piuttosto i fattori di degrado da essa indotti relativi all’impoverimento della diversità biologica dei fondali e alla dispersione dei loro sedimenti superficiali, utili tanto alla vita acquatica quanto alla funzionalità idraulica.
E il MOSE salverà Venezia dalle acque o contribuirà al suo declino? Il dibattito politico locale ha visto
dividersi trasversalmente amministrazioni e forze politiche, il governo regionale e quello nazionale andare contro le decisioni di Comune e Provincia. La storia dirà chi aveva ragione: noi qui rappresentiamo un punto di vista, quello in cui personalmente mi riconosco.
Il concetto di sostenibilità – coniato dalle Nazioni Unite nel definire le nuove forme di sviluppo necessarie per arrestare il degrado ambientale del pianeta – pur essendosi diffuso nel linguaggio della politica, della scienza e della tecnica, fatica a trovare concrete applicazioni nel nostro agire quotidiano. In questo libro lo dimostriamo: uno studio voluto dalla Provincia di Venezia, del quale viene qui riportata la sintesi, ha concluso che l’impronta ecologica dei veneziani – il peso ambientale del nostro vivere – supera abbondantemente la capacità biologica dell’ecosistema di cui siamo ospiti. Per mantenere i nostri stili di vita, il territorio di cui disponiamo non basta, ce ne servirebbe uno grande il triplo, che però non abbiamo. Stiamo, pertanto, consumando risorse naturali di altre parti del mondo, costringendo il nostro angolo di pianeta a ricevere quantità di rifiuti, inquinamento idrico e atmosferico che vanno oltre i suoi limiti di assorbimento. Ma tornando alla Laguna di Venezia, se per qualche ragione dovessimo fare a meno dei benefici compensativi del suo grande patrimonio naturale, avremmo bisogno di un territorio 7,7 volte più grande dell’attuale provincia. Sono numeri stupefacenti che valorizzano i benefici e i servizi ambientali di un sito unico al mondo e che dovrebbero indurci a un rapido cambiamento dei nostri paradigmi e a un atteggiamento più responsabile nei confronti del luogo straordinario in cui siamo stati chiamati a vivere. È tardi, ma questa non può essere una giustificazione, abbiamo l’obbligo di rendercene conto, di denunciarlo. Dobbiamo essere consapevoli della difficile ma entusiasmante responsabilità storica di invertire la marcia di un modello di sviluppo orientato verso la distruzione. Le alterazioni climatiche planetarie, tanto quanto l’osservazione della rottura degli equilibri del nostro territorio anfibio, ci dicono che è arrivato il tempo di far coincidere i tempi storici con quelli biologici: è un impegno di cui deve farsi carico la generazione presente; quelle che seguiranno potrebbero arrivarci a tempo scaduto.

La Laguna di Venezia, ambiente, naturalità, uomo - 2007